Dagli anni 40 alla fine del secolo: evoluzione del design minimalista

Nel 1945, al termine della Seconda Guerra mondiale, il design inizia a sviluppare l’inizio della ricostruzione, per risollevarsi da un periodo buio e in discesa che la guerra aveva portato.
La rinascita avvenuta negli anni successivi alla guerra porterà l’Italia al “boom economico”, a quel periodo che ha determinato arricchimento e benessere sociali diffusi.
Il design italiano e l’architettura, venivano concepiti come qualcosa di necessario.
Gli anni della ricostruzione erano caratterizzati dalla sperimentazione e dall'utilizzo di un'ampia palette colori, dalla produzione artigianale si passava a quella in serie, la conseguenza era che le decorazioni, lasciavano il posto a un linguaggio formale, dalle forme essenziali e comode.
Grazie alle sue linee iconiche e la sua capacità di infondere buonumore, il design del decennio post bellico non ha mai conosciuto crisi, neanche davanti al diffondersi del design minimal.
Lo stile candido e puro che caratterizza molti progetti della contemporaneità ben si sposa infatti con gli elementi più allegri e appariscenti dell'epoca d'oro del design.
I mix più interessanti sono quelli tra lo stile vintage e quello minimal, che inizia a farsi spazio un pò alla volta.
Mies Van Der Rohe disegna l’ordine e la razionalità, in questi anni, attraverso IIT un’architettura a Chicago.
Il campus universitario dell’Illinois Institute of Technology è un punto di riferimento dell’architettura moderna, il vasto padiglione orizzontale rispetta gli allineamenti e il rapporto con le ampie superfici del campus delineati nel piano di indirizzo generale di Mies Van Der Rohe. L’organizzazione del progetto è estremamente semplice: la forma dell’edificio è un grande rettangolo all’interno del quale si trovano due cortili rettangolari, che conducono la luce naturale al centro dell’edificio.
Le linee compositore di questo edificio ritraggono un’architettura pulita e delineata da forme relativamente non complesse che rendono l’edificio elegante.

Gli anni Cinquanta, un periodo di grande fermento, sono stati gli anni d’oro del design e hanno prodotto pezzi talmente contemporanei da essere diventati vere icone.
Attuale ancora oggi, il design anni 50 non conosce crisi.
Nato nel periodo in cui in Italia c’era voglia di riscatto dopo la guerra, si è sviluppato partendo dal sentimento diffuso tra i vari progettisti.

Dal punto di vista estetico il design anni 50 segna anche il trionfo delle materie plastiche: quelle colorate rivoluzionano il mondo degli utensili rendendoli oggetti moderni e funzionali.
Molti oggetti ancora oggi in uso e sentiti attuali e moderni abbiano in realtà una storia di oltre sessanta anni.

Le caratteristiche principali del design degli anni 50 sono di mescolare funzionalità ed ironia valorizzando anche materiali che finora erano stati considerati di scarto o di ripiego riuscendo, così, a reinventare gli oggetti.
E’ un design piacevole e fluido ma allo stesso tempo complesso perché pieno di emotività e carico di suggestioni.

Il minimalismo non era ancora un’arte proclamata ma, inconsciamente, nascevano già alcuni oggetti caratterizzati da linee pulite ed eleganti.
In questi anni vengono realizzate delle nuove sedute, moderne e considerate contemporanee oggi.

Citiamo la Tulip 151 per Knoll del 1956 o della Panton Chair del 1959.
La prima è stata disegnata da Eero Saarinen (1910-1961) un designer industriale e architetto americano, la seduta presenta già un principio di minimalismo, si può considerare un oggetto splendido e nuovo.

La seconda di Verner Panton, dal quale prende anche il nome, è un grande classico nella storia dei mobili di design.
Questa sedia fu sviluppata per la produzione in serie in collaborazione con Vitra alcuni anni dopo. È stata la prima sedia a essere realizzata interamente con un unico foglio di plastica.

La comodità di questa seduta è il risultato della combinazione tra la struttura a sbalzo dal design e un materiale leggermente flessibile. La Panton Chair ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali di design ed è presente nelle collezioni di molti musei importanti, la sua espressività l‘ha resa un‘icona del XX secolo.

Gli anni sessanta rappresentano il punto più alto dell’eccesso stilistico, lo possiamo notare in ogni oggetto prodotto in quel tempo, nelle forme del design ma soprattutto nel materiale.
Anche l’arredamento anni 60 ha visto creazioni e combinazioni di colori che sono passati alla storia, era un periodo florido d’idee e al tempo stesso innovativo.

Gli interni delle case in quel periodo erano molto singolari, un misto tra minimalismo e forme psichedeliche.
L’arredamento anni 60 aveva una forte componente di materiale plastico, per tutto il decennio si sono costruiti prodotti di plastica più di quanti siano stati prodotti negli anni successivi, i mobili avevano forme futuristiche con ampi spazi dalle linee e geometrie morbide.

La ricerca del nuovo e dell’originale erano in assoluto la cosa più ambita : niente doveva essere scontato o tradizionale.
Era proprio in quegli anni che nasceva il minimalismo, un movimento che era emerso nel 1960 e, che col passare del tempo aveva iniziato ad entrare nelle corde di molti, il suo principio era la conservazione di forme pure.

La minimal art era la principale tendenza che era stata protagonista del radicale cambiamento del clima artistico, caratterizzata da un processo di riduzione della realtà, della non espressività, dalla riduzione alle strutture elementari geometriche, insomma di tutto ciò che era la ricerca dell'essenziale e che andava contro a tutto quello che era venuto prima.

Prima che esso venisse chiamato tale, la scuola Bauhaus promuoveva già negli anni '20 un design che utilizzasse la minor quantità di materiale possibile.
Con il tempo l'estetica Bauhaus diventa fine a se stessa e designer minimalisti erano ben felici di accogliere un'estetica ariosa che lasciava gli spazi semivuoti e puliti.
Il famoso motto "less is more" nasceva con il maestro tedesco-americano Ludwig Mies Van Der Rohe racchiudeva in sè l'anima del minimalismo.
Parliamo della lampada Arco di Flos realizzata nel 1962 da Achille e Pier Giacomo Castiglioni, geniale e icona tra le più imitate nella storia del design.
Le forme geometriche che la compongono hanno un taglio netto e sono sobrie, i colori utilizzati cromie neutre.
La luce aiuta a percepire lo spazio più pulito e ordinato, due dei principi di questo stile. Quando la luce naturale fa spazio all'oscurità, entra in gioco l’Arco.
La scelta dei punti luce, farà riferimento a forme essenziali, un’illuminazione accattivante, ricrea quel minimalismo del quale i grandi di un tempo parlavano e che ancora oggi fa tendenza.
È uno dei pezzi più noti e rappresentativi del design italiano, i suoi punti di forza sono il rigore delle linee, l’uso attento dei materiali e l’infinita eleganza.

Gli anni Settanta sono stati un decennio lontano ma non lontanissimo, con molti aspetti spigolosi che sono stati meno capiti rispetto agli anni Sessanta.
Questi anni avevano preparato la contemporaneità per come la vediamo noi oggi, si cominciava a vedere un futuro digitale.

Uno dei principi degli anni Settanta non era la ricerca della bellezza e armonia pura ma la ricerca dell’eccesso, per sperimentare nuove forme di comunicazione.
Dal punto di vista dell’immaginazione gli anni Settanta sono molto avanti, una delle forme più potenti era quella di un’arte non fatta più su tela ma addirittura espansa a livello planetario, l’arte diventava come un’attività parallela a quella religiosa e quindi l’artista si vedeva come artefice di imprese colossali.

Entrando nell’architettura troviamo da un lato una parte utopistica che risale agli anni Sessanta. Gli anni Settanta sono interessati all’idea delle macro strutture ovvero città rese compatte all’interno di grandi strutture.

Nell’ambito architettonico, minimal, si può fare riferimento ad Aldo Rossi, architetto nato a Milano nel 1931, con grandi edifici nel curriculum tra i quali il Cimitero San Cataldo di Modena progettato nel 1971 e poi inaugurato nel 1984.
Si tratta di un architettura modificata, quasi a giocattolo, rifacendosi in parte a certe forme elementari della tradizione razionalistica italiana e dall’altra andando indietro a forme dell’architettura romana e rese poi cubiche, le linee semplificate di questo edificio lo rendono pulito e molto d’impatto.

Il design perdeva il suo aspetto più umanistico e tendeva ad assumere una coronazione più artificiale che andava al passo con il preannunciarsi della nostra epoca attuale.
Nel 1979 Gio Ponti disegna la Short Seat Chair, il contrario della superleggera che aveva uno schienale molto alto ma piegato ad un certo punto perché Gio Ponti diceva che non serviva.
In questo caso, invece, riducendo il tratto della seduta viene a svilupparsi lo schienale. Vagamente può ricordare la Barcelona di Mies Van Der Rohe ridisegnata quarant’anni dopo, uno dei principali esponenti del minimalismo con il suo “less is more”, che divenne poi lo slogan del movimento, tutto si deve ridurre agli elementi necessari ma sempre rimanendo al passo con la modernità.

Questa seduta, la Short Seat Chair, segue i principi del minimalismo, infatti, vediamo l'uso di colori neutri e di forme geometriche precise.
I designer in questi anni scompongono ciò che è stato fatto in precedenza, alcuni dicono che si vendono all’industria, ma in realtà era un pò la cultura del tempo estrema.
Infatti, gli anni Settanta, erano fonte di sorpresa e studi, il design non si interessava di produrre pezzi pratici e funzionali ma sonda strade totalmente sperimentali.
Il design degli anni Settanta è composto da tanti stili aggressivo, poetico, minimal, eccessivo fino all’esasperazione che risulta complessa definirla.
Non solo design, Gianfranco Zappettini pittore italiano ed esponente della pittura analitica, corrente che usa in forma pura e porta alla massima semplicità una superficie e dei colori, dipinge una croce bianca su sfondo bianco, questi pittori così minimal e zen nascondono un mondo.
Si tratta di un’opera super chic, al massimo del raffinato perché la croce si evidenzia al centro e sfuma ai bordi, sono ricerche maniacali sul minimo.

Gli anni Ottanta sono stati il primo decennio che è stato portato a rileggere il passato, esteticamente non si hanno più le certezze che gli anni precedenti avevano creato.
L’architettura è dominata da due percorsi principali, uno quello dell’architettura decostruttivista e l’altro quello del post modern.

In questo decennio c’è il ritorno del minimalismo che poi diventerà la corrente degli anni Novanta. Giovanni Offredi, con la sua cucina Krios per Snaidero rappresenta una parte simbolica di questo capitolo.
Brillante l’idea di questa cucina con una parte senza sostegno, un’idea di struttura architettonica solidissima, sembra un arredo attuale.

Una cucina segnata dalla raffinata bellezza e linearità e dal design tuttora innovativo.
"Krios" si fonda sul concetto di dicromia, ovvero sull’impiego espressivo ed architettonico di due colori.
Gli anni Cinquanta sono riletti secondo l’ottica degli anni Ottanta.
Una nuova dimensione del “less is more” si evidenzia con pezzi molto celebri come il Ghost di Cini Boeri, disegnato nel 1987 per Casa Amica.
La seduta è fatta con una lastra di cristallo modulata e tagliata, si tratta di un pezzo unico e bellissimo.
La poltrona è diventata icona del design a livello mondiale ed esposta al MoMA di New York. Alcuni raggiungimenti di grande spessore proiettano gli anni Ottanta in una visione successiva, di punto in bianco in questo decennio si è passati ad una luce di nuovo minimale, il minimalismo è una sirena per il design, in una fase quasi neo anni Ottanta.
Tom Dixon con la sua S-Chair per Cappellini prosegue il filo del discorso minimal in quanto ha basato su quest’idea di tubo di metallo, facendo riferimento alla Vessilli di Marcel Breuer, le sue linee, dal segno sinuoso e deciso, sono virtualmente contenute da un volume cilindrico delimitato dalla base in circolare in metallo rivestita con un caratteristico intreccio di corda e paglia.
L’esito finale, di indubbia efficacia estetica, ha avuto un successo pazzesco, infatti, è diventata un classico senza tempo, tanto da essere esposta al MoMa di New York.
Non si può parlare di anni Ottanta senza citare il re di questi anni Ettore Sottsass e il gruppo Memphis.

Ettore Sottsass era il designer più ammirato, lo vedevano come una figura di riferimento sia in Italia che all’estero.
La sua filosofia era era quella che non è importante la funzione di un oggetto ma cosa esso rappresenta.

Tra i più celebri pezzi disegnati da lui troviamo il famosissimo Carlton del 1981, una libreria tutta colorata, che non rappresenta lo stile minimal di cui abbiamo parlato prima, era una messa in contraddizione, c’è una rottura della verticalità e una critica a tutto il sistema che aveva generato il design in quel momento.

Gli anni Novanta sono un periodo vicino, tante indicazioni da noi comprensibili e il design tende un pò all’uniformità.
Negli anni '90 un'intera generazione di architetti e designer minimalisti comincia a farsi notare reagendo ognuno a modo suo agli eccessi dell'industria del design della fine del XX secolo. Vivere in modo semplice, mettendo da parte tutto ciò che non è strettamente indispensabile, e concentrandosi su ciò che conta davvero, diventa il loro mood.

Un’attrazzione verso la trasparenza vedo-non vedo, caratterizza questo decennio, resa possibile utilizzando i nuovi materiali inseriti all’interno del design, in comune a molte ricerche del tempo. L’effetto traslucenza, cioè un sovrainsieme di trasparenza: permette il passaggio della luce, ma non necessariamente, è una delle connotazioni comuni del design degli anni Novanta. Sommando il minimalismo e la trasparenza parliamo di Mobil per Kartell, ben disegnato da Antonio Citterio e Glem Oliver Loew.

Mobil è un sistema di contenitori che si prestano ad essere inseriti in tutti gli ambienti della casa e dell’ufficio, rispondendo a diverse funzioni d’uso.
Un pezzo riuscito, materiale chiave di Kartell.
Un altro oggetto degno di essere noto non tanto per la trasparenza, quanto per la leggerezza estrema è il Go di Ross Lovegrove, visionario designer gallese, per Bernhardt Design.

Linee moderne e di contorno definiscono la sedia, disegnata nel 1998, è una piccola opera d’arte pluripremiata, ha ricevuto il premio Best of NeoCon 2001 ed è stata inclusa nell’elenco Best of 2001 di Time Magazine, dalla sua presentazione infine, non si contano decine e decine di recensioni entusiastiche.

La sedia Go è la Ferrari dei mobili ultramoderni e richiede applausi dagli intenditori di design. Trasuda fluidità con l’obiettivo di provocare un design emotivo, un pezzo unico.
In conclusione, gli anni Novanta si avvicinano molto al nostro stile contemporaneo dove il minimalismo è ancora molto ricercato.

In questo testo sono ovviamente presenti solo alcuni dei pezzi che hanno caratterizzato questi anni, quelli che ritengo più interessanti e visivamente belli dal mio punto di vista. Considerazioni personali
Ho deciso di concentrare una parte del mio testo parlando del minimalismo, un tema che mi appassiona, incuriosisce e sostanzialmente in parte mi rappresenta, quotidianamente siamo circondati da oggetti, edifici ecc e irrazionalmente il mio occhio cade sempre su quelle più minimaliste, per questo ho deciso di approfondire la mia ricerca in questo ambito e arricchire la mia cultura personale.

LIBRO- Amate l’architettura. L’architettura è un cristallo.

Amate l’architettura è un libro scritto da Gio Ponti, architetto che nasce a Milano il 18 novembre 1891 e si laurea presso il Regio Politecnico, nel 1921.
Di lì a poco instaura con l’amico Emilio Lancia un lungo sodalizio, che lo porterà all’inaugurazione di un primo studio professionale.

È stato un architetto e designer tra i più importanti del dopoguerra, i suoi innumerevoli capolavori svariano da opere di industrial design, architetture e interni e bibliografie.
La morte di Ponti è avvenuta a Milano il 16 settembre del 1979.
Un classico dell’architettura, era il 1957 quando questo libro pensato come una “piccola architettura da tasca” venne pubblicata da Vitali e Ghianda.

Erano i primi anni del boom economico, bisognava realizzare un’opera di rinnovamento e nel suo campo Ponti era l’uomo giusto per farlo.
Animato da uno spirito moderno, il maestro era un grande comunicatore, dote indispensabile per diffondere il nuovo e contagiare un pubblico ampio.

Le pagine hanno la caratteristica di variare colore, si possono trovare illustrazioni e schizzi per rendere il tutto più movimentato; la copertina illustrata con una composizione grafica in nero e verde disegnata dall’autore.
Design e impaginazione dell'autore, con testi liberamente disposti e organizzati sia dal punto di vista grafico che per il contenuto.

Si tratta di un libro ricco di contenuti diversi tra loro che porta il lettore a porgersi delle riflessioni. L’architettura quando è pura, è come un cristallo: comincia e finisce, è fatta di forme chiuse e rifiuta quelle non finite, ciò che si muove non è architettura, l’arte si evolve secondo i termini del progetto per raggiungere la perfezione, come un cristallo.

Come viene citato nel libro: “del resto ognuno ha una sua interpretazione diversa di quel che legge o conosce: questa interpretazione è la sua verità: infinite verità, dunque: questa la mia, o le mie”, una frase che presenta una potente realtà, secondo il mio punto di vista, in quanto ognuno di noi quando si approccia con un’opera d’arte, di design ma non solo ha una visione e un pensiero diverso, la nostra verità, che poi dobbiamo alimentare per renderla più significativa agli occhi altrui.
Non un libro per gli architetti, ma per gli incantati dall'architettura antica e moderna, perché amare essa vuol dire amare anche il proprio Paese.
Un capitolo che mi ha colpito è quello “DONNE E ARCHITETTURA”, dove dice che dalle donne in ambito architettonico ha imparato molto.
Voglio parlare di questo per rendere omaggio ad un argomento che a quei tempi non spesso veniva citato, infatti la maggior parte degli architetti e designer che studiamo oggi sono uomini.
Si confronta con quattro donne, donna quarta in particolare sostiene la funzionalità deve essere presupposta, ed implicita.
Esiste dunque, una funzionalità della forma in sé, oltre la funzione; ossia la forma ha una sua ulteriore funzione pratica-poetica, quella di farci piacere nell'usarla, che deriva da una sua armonia con i nostri sensi.
I sensi delle donne capiscono più degli uomini, il senso è razionalità che alle volte viene perso da esse per l’influenza maschile.
Non si può definire un libro semplice perché contiene molte informazioni, alcune anche di difficile e non immediata comprensione, ma di sicuro arricchisce il sapere di una persona con delle informazioni interessanti e coinvolgenti.